Italo Calvino e Karina Puente: 55 [In]visible Cities Project
Oggi è una giornata particolare qui su Baltico, si torna a parlare di illustrazione intrecciata alla letteratura: è, infatti, l’anniversario della morte di Italo Calvino, mostro sacro e genio assoluto che ci lasciava oggi trentadue anni fa.
Quantificare l’impatto che i suoi lavori hanno avuto sulla letteratura e le arti in generale è cosa impossibile e non trovo ci sia il bisogno di lasciare qui di seguito righe scritte al solo scopo di introdurvelo; è un nome che risuona con una forza tale che credo ognuno di noi abbia avuto una sua personalissima esperienza e lo abbia in qualche modo “vissuto”; una presenza sottile che si finisce per ritrovare nei campi più disparati.
Mi viene quindi da parlare di illustrazione e allo stesso tempo di architettura, scegliendo uno dei suoi lavori che ho amato di più: “Le città invisibili“. L’opera, pubblicata nel 1972, è uno dei cardini della produzione calviniana e si compone di nove capitoli nei quali, in un fittizio dialogo fra Marco Polo e l’imperatore dei Tartari Kublai Khan, vengono descritte in modo fantasioso e immaginifico le numerose città che si trovano nell’impero del Khan.
È delle città come dei sogni: tutto l’immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure. Italo Calvino
In una relazione strettissima tra letteratura, arti visive e architettura, in molti sono rimasti influenzati dalla lettura di quest’opera, anche grazie alle infinite possibilità rappresentative che offre all’immaginazione di chi si trova a leggerla.
Fra i tanti progetti sono incappata in questo studio fatto dalla cilena Karina Puente: 55 [In]visible Cities Project.