Ormai avrete capito che il mio amore per Hopper è praticamente infinito. Tra i vari giri e immersioni nell’internet avevo scovato i lavori di Richard Tuschman, di professione fotografo, che lo celebra con una serie di scatti chiamati appunto Hopper Meditation.
Non potevo non parlarne, anche se sono colpevolmente in ritardo sulla questione; prendetevi il tempo di osservare la ricostruzione perfetta degli ambienti e delle atmosfere hopperiane, quel sentimento di alienazione urbana, la solitudine, la malinconia, qui perfettamente riprodotte grazie a un minuzioso lavoro di scenografie e messa in posa.
Di studi su Hopper ho già parlato, qui potete trovare un pezzo su Shirley: vision of reality (approfondimento cinematografico sul pittore americano del regista austriaco Gustav Deutsch).
Per quanto riguarda Hopper Meditation, Tuschman lavora con il collage, montando insieme diorami e foto di modelle in carne e ossa scattate in studio, il tutto perfezionato con Photoshop; il risultato di questo processo di montaggio è un’attualizzazione vivida delle opere hopperiane senza però mai scadere nello scimmiottamento: le atmosfere per il quale il pittore è tanto amato qui sono evocate e mai copiate.
Con l’utilizzo del software nel processo di post-produzione vengono cesellate anche le luci, uno degli strumenti comunicativi più intensi e importanti della produzione di Hopper.
Il risultato finale è meraviglioso: una capacità di rielaborazione rara che si svela scatto dopo scatto. Lascio qui una piccola gallery con alcuni dei lavori che mi hanno colpito maggiormente ma vi invito a cercare e a guardarne di altre.
Ne vale davvero la pena.
Che bella scoperta questa rivisitazione in chiave fotografica di Hopper! Grazie per averla segnalata!
Però io trovo una differenza notevole rispetto ad Hopper in questa sequenza di foto: la carnalità delle figure umane, non “appiattite” dal tocco di pittura, lascia passare uno spazio di respiro in più, una dose di concretezza psichica, che annulla, in parte, l’effetto di “assenza di comunicazione”, che io rilevo nelle opere di Hopper. Peraltro, l’effetto di silenzio comunicativo delle figure umane nelle opere di Hopper credo sia voluto ed abbia un significato profondo.
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Hai sottolineato un bel punto: è il motivo per il quale ho finito per scrivere che i lavori evocano senza scimmiottare. Svincolarli da Hopper mi pare molto difficile ma se si considerano come a sè riescono comunque a comunicare un loro messaggio, magari un po’ diverso ma altrettanto intenso 🙂
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