Amélie Fléchais e L’Uomo Montagna

Amélie Fléchais è un’illustratrice francese che lavora da diversi anni nel campo dell’illustrazione e per l’industria dell’animazione, partecipando a numerosi progetti – alcuni di grande fama – come Kung Fu Panda per la DreamWorks e The Song of The Sea (La Canzone del Mare), film diretto da Tomm Moore, candidato come Miglior film d’animazione agli Oscar 2015.

Le sue illustrazioni parlano da sole; il colore modulato nella rappresentazione di realtà fantastiche, dove il rapporto con il mondo della natura e degli animali ha un ruolo fondamentale e si fa portavoce di metafore cariche di significati intimi e complessi.

La sua ultima pubblicazione è L’Uomo Montagna, per la casa editrice Tunué – nella collana Tipitondi – dedicata all’infanzia; una storia dolce e delicata sui legami, la vecchiaia e la crescita interiore.

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Gli scatti pazienti di Josef Hoflehner

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Tempo fa, mi sono imbattuta in questo articolo del Post che parlava di un progetto fotografico, dell’isola caraibica di Sint Maarten e di un fatto particolare che succede solo lì: se si va a prendere il sole in spiaggia può capitare che ci passi un jet pochissimi metri sopra la testa.

Questo perchè la spiaggia di Maho Beach è situata vicinissimo all’aeroporto internazionale Princess Juliana e quindi, trovarsi a che fare con il rombo di un aereo è cosa frequentissima.

Il progetto fotografico in questione era Jet Airliner di Josef Hoflenher.

Hoflenher, lavorando assieme al figlio, si è recato più volte sull’isola scattando foto ai turisti sorvolati dagli aerei, in una serie di scatti in bianco e nero che documenta questo particolare fenomeno e che alla fine è stata anche raccolta in un libro: Jet Airliner: The Complete Works .

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Il destino beffardo di Vivian Maier

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Il destino è una cosa buffa e molto spesso beffarda e il ritrovamento degli straordinari negativi di Vivian Maier ne è un esempio lampante.

Mi domando spesso quanto delle decisioni che prendiamo nella nostra vita si rifletta poi sulle vite degli altri, con quello che si può definire un effetto domino: John Maloof, per esempio, è stato pedina fondamentale nello scoprire il capolavoro che sono le fotografie di Vivian.

Maloof, figlio di un rigattiere, voleva solo fare una ricerca approfondita sulla storia della città di Chicago, ma finisce per trovare un tesoro: una scatola piena di negativi, recuperata tra mille cianfrusaglie, riposte in un box espropriato comprato all’asta. Incuriosito, fa stampare i negativi e giustamente ne rimane folgorato: sono il frutto di una vita di scatti fotografici, un vero e proprio patrimonio artistico che diventa un fenomeno social virale, dopo che Maloof stesso decide di pubblicare gli scatti su Flickr.

Vivian Maier è stata una tata e una governante per tutta la vita, lavorando per tante famiglie americane e occupandosi felicemente dei loro bambini; solo che nel tempo libero se ne andava a zonzo per le strade di Chicago e a volte di New York e scattava fotografie.

Fermava sul negativo la vita che la circondava, immortalando bambini, operai, emarginati o semplici passanti e valorizzando vicoli, negozi e scorci cittadini con un talento incredibile.

Dei suoi lavori però, non si sa praticamente niente fino al 2007, anno in cui Maloof rinviene i negativi.

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Le strutture modulari di Aurélien Débat

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Aurélien Débat è un giovane illustratore francese dallo stile geometrico e modulare.

Amo molto i suoi lavori, realizzati spesso usando stampi e tutti incentrati su prospettiva ed elementi architettonici, in un susseguirsi continuo di blocchi di colore e geometrie.

Tamponville è forse il suo progetto che preferisco; realizzato in collaborazione con l’architetto Marc Kauffmann, Tamponville è costituito da una serie di stampe che ritraggono facciate di edifici, casermoni industriali o singoli elementi architettonici.

I colori sono accesi e squillanti, molto diversi dai toni tipici dei centri urbani, nonostante lo stile architettonico modulare riprodotto non faccia che riportarci alla mente l’immagine di certe periferie alienate e alienanti che molto spesso troviamo nelle città più popolate.

Débat – che si è diplomato all’École Supérieure des Arts Décoratif di Strasburgo – ha pubblicato numerosi libri, tra cui pop-up per bambini, e porta avanti laboratori di illustrazione dedicati all’infanzia, dove viene proposto ai più piccoli di ricreare le città della loro immaginazione usando vari metodi illustrativi, tra cui il collage.

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Métronome: i suoni della vita diventano musica.

Scrivo due righe con il solo scopo di condividere questa meravigliosa animazione francese scovata in una delle mie recenti immersioni nell’internet: Métronome.

Semplicemente, dopo tanto vagare e tanto vedere, mi sono ritrovata davanti questo piccolo corto, realizzato con ritagli e incisioni su nastro: l’ho amato all’istante. C’è tutto: splendidi contenuti visivi uniti a un messaggio carico di positività e dolcezza; almeno è così che io l’ho interpretato.

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Le architetture di colore di Daniel Egneus

Daniel Egneus è un illustratore svedese che negli anni ha lavorato tanto e nel frattempo ha girato il mondo, vivendo in numerose città europee – tra le quali anche Roma e Milano – facendo per un periodo dell’Italia una piccola seconda casa e base operativa per il suo lavoro.

Ho scoperto questo artista anni fa, finendo a leggere di una splendida versione di Cappuccetto Rosso illustrata proprio da lui.

I soggetti dei suoi lavori sono svariati; molta delle sua ispirazione deriva certamente dai centri urbani e dalle città dove ha risieduto: centrale infatti nel suo immaginario, risulta essere l’architettura, rappresentata in un’amalgama di elementi sovrapposti.

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Le illustrazioni surreali di Henn Kim

Questo sarà un post brevissimo. Poco e niente si sa di quest’artista e delle sue immagini surreali e oniriche; l’unico modo per saperne di più sembra essere il visitare il suo profilo Instagram.

Henn Kim illustra usando inchiostro e tutti i suoi lavori sono in bianco e nero; una serie di pieni e vuoti che salta immediatamente all’occhio per la stravaganza degli accostamenti e dei soggetti ritratti.

Le illustrazioni sono cariche di dettagli eppure riescono ad essere minimali nell’essenza; non so se ho appena scritto il peggiore degli ossimori, ma resta il fatto che l’impressione che si ricava guardando i suoi lavori è quella di una rigorosa distinzione tra i pieni e i vuoti degli spazi, grazie ad un uso sapiente del bianco e del nero.

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Bob Willoughby, Hollywood e Chet Baker

Comincia tutto da Chet Baker. Come si finisce da Chet Baker a parlare di Bob Willoughby è presto detto: Willoughby lo ha fotografato tante volte e con ritratti di tale intensità, cogliendolo talmente tanto in profondità, che in qualche modo i suoi scatti hanno delineato nella mia mente e nel mio cuore l’immagine del musicista tanto quanto la sua musica.

Negli anni ho imparato ad amare questo fotografo, che ci ha narrato il dietro le quinte del mondo del cinema e non solo; una presenza discreta nascosta dietro la fotocamera.

Willoughby, classe 1927, è stato il fotografo di Hollywood, del glamour e dei backstage.

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Le atmosfere anni ’50 di Jack Vettriano

Jack Vettriano è un pittore poco amato dalla critica, che nel tempo lo ha ripetutamente accusato di essere in grado di creare dipinti adatti solo alla riproduzione in serie di poster e cartoline per un pubblico di massa.

Il fatto che ogni anno The Singing Butler e molte altre delle sue opere vengano stampate su poster e cartoline è cosa verissima, e la sua popolarità deriva in gran parte proprio da questa semplicità di contenuti che rende facile approcciarlo e adattissimi i suoi lavori a essere riprodotti su copertine di libri o stampe da appendere in salotto.

C’è però qualcosa nel mix di ispirazioni che compongono i suoi lavori che non cessa di affascinarmi; il fatto che il pittore scozzese di chiara origine italiana sia praticamente un autodidatta e che metta in scena l’amore, declinandolo in tutte le sue sfumature e forse in modo un poco prevedibile e artefatto, ma con dei richiami a un mondo visivo che sono legati anche al cinema e alla pubblicità e portatori di messaggi diretti e di facile interpretazione.

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Maria Svarbova, il rosso e una certa ossessione per le piscine

Maria Svarbova è una fotografa slovacca che ha catturato la mia attenzione già da qualche tempo con i suoi lavori peculiari e lo stile immediatamente riconoscibile, che fa largo uso di toni pastello uniti a lampi di colore acceso e dominante – usando molto spesso il rosso.

Altro grande riferimento –  essenziale direi – delle fotografie di Maria, sono le composizioni geometriche e la plasticità dei soggetti coinvolti negli scatti, che ama ritrarre in pose quasi robotiche.

Si vede inoltre chiaramente, come queste figure snaturate siano sempre inserite in contesti asettici, a testimoniare una scelta di minimalismo che è alla base dei suoi lavori, dove sembra sempre che il tempo si sia fermato.

Difficile infatti ricostruire un contesto limitandosi a guardare i singoli scatti.

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